Inclusione a scuola vuol dire ragionare in termini di fruizione in sicurezza degli ambienti, organizzando gli spazi in modo che siano privi di barriere fisico-architettoniche al loro godimento (corrimano, pedane, ascensori, servoscala, servizi igienici particolarmente ampi, segnalazioni visivo-tattili, protezioni all’urto etc. etc.) oppure le barriere sono anche altre, e sono dentro di noi?
Inclusione a scuola significa articolare le offerte formative, costruire percorsi didattici come abiti su misura per ciascuno, oppure è la “persona come persona” che devo vedere?
Essere inclusivi a scuola significa sentirci ospitali nei confronti della disabilità, in tutte le sue forme ed articolazioni oppure, se possibile in senso ancora più ampio, significa entrare in relazione in modo costruttivo con il funzionamento dell’altro, anche se lì per lì non lo capisco, se lì per lì mi sembra difficile, per crescere insieme?
In questo “funzionamento” riusciamo a contemplare anche il disagio comportamentale, l’aggressività (se non a tratti la violenza, a parole come a gesti come ad azioni) che sempre più spesso viviamo nella scuola, come per la strada, come sui social?